La Sacra Famiglia con Sant’Anna

(Toledo, Hospital de Tavera, 1586/1588)

Le analisi diagnostiche sul quadro hanno rivelato che sotto il volto della Vergine Maria sta un disegno accurato, con le tracce di una paziente ricerca della bellezza ideale; alcuni ipotizzano che il modello femminile di quel volto possa essere quello di Jerónima de las Cuevas, l'unico amore a cui El Greco legò il suo cuore. In ogni caso, in quel volto è evidente la tensione di El Greco verso un’armonia perfetta, che doveva rendere visibile come la persona di Maria di Nazaret sia l’effetto dell’opera di salvezza compiuta da Dio, il primo miracolo di Cristo, l’esempio concreto di come l’essere umano diventi un capolavoro di bellezza spirituale profonda se congiunge pienamente la sua vita a quella del Figlio di Dio incarnato.

 

La figura maschile accanto a Maria è san Giuseppe, correttamente rappresentato senza tracce di eccessivo invecchiamento - come invece spesso accadeva nell’arte cristiana per influsso della letteratura apocrifa -. Giuseppe accarezza il piccolo piede del Bambino Gesù, in un gesto che esprime tenerezza ma che sottolinea anche l’esperienza dell’Incarnazione: il figlio generato dalla sua sposa vergine, che egli sapeva di non aver contribuito a generare, non è l’apparizione inconsistente di un essere celestiale, ma un vero essere umano, dotato di carne sensibile come la nostra, misteriosamente formatosi nel grembo di quella donna per intervento miracoloso dello Spirito Santo. Giuseppe sembra guardare con ammirazione delicata verso sua moglie, come un buon marito innamorato che ha stima della sposa e come un uomo di profonda fede che loda Dio nel suo cuore per lo stupendo prodigio che ha compiuto dentro il loro matrimonio e nelle loro persone.

 

Accanto a Maria sta inoltre una figura femminile, che si identifica con sant’Anna, madre della Vergine Maria, nonna di Gesù. Costei accarezza il capo di Cristo, nella medesima mescolanza di affetto e di constatazione meravigliata; anche lo sguardo di Anna dimostra stupore per quanto lei vede che Dio ha fatto, quasi un senso di privilegio nel pensare a ciò che è accaduto nella sua famiglia. Accanto ad Anna non viene raffigurata la persona del consorte, Gioacchino, padre di Maria: spesso l’iconografia cristiana presenta solo Anna presso la Sacra Famiglia di Gesù bambino, come conservasse il ricordo che la nascita del Salvatore avesse allietato la vedovanza della nonna. Un protagonista ulteriore del dipinto è il cielo: lo sfondo dell’opera è privo di qualsiasi riferimento ambientale, paesaggistico o urbano, appare quasi un commento teatrale e scenografico alle figure, che nuvole dal profilo irreale accompagnano, quasi suggerendo una ambientazione interiore, simbolica.  Al centro dell’attenzione El Greco pone un atto ricco di significati: l’allattamento di Gesù al seno di Maria.

 

Questo gesto può contenere, certo, un richiamo educativo all’importanza di allattare direttamente i propri bambini, evitando la pratica di ricorrere a latte diverso da quello materno o al seno di altre nutrici. Tuttavia, il messaggio principale di quel seno offerto a Cristo è teologico. La rappresentazione della Vergine che allatta Cristo appena nato è particolarmente affettuosa, ma sottolinea due fatti importanti per la fede. Anzitutto, risalta il modo sconcertante e commovente in cui il Salvatore del mondo ci è venuto incontro: l’autore della vita, uguale al Padre nella natura, nella maestà e nell’onnipotenza divine, si spoglia di ogni grandezza e si fa piccolo e perfino bisognoso di ricevere, di essere amato, di essere ben voluto e accolto. La salvezza con cui il Figlio di Dio solleva l’uomo dalle sue miserie e ridona speranza alla nostra esistenza non è un atto di imperio o una magica riparazione delle nostre persone, ma l’introduzione in un amore immenso che ci viene dato domandandoci la risposta del nostro amore. Così, l’uomo riscopre che Dio è la sua gioia, ma rimane anche sorpreso a scoprire che Dio è così buono da considerare noi la sua gioia e da avere in grande considerazione il poco che gli sappiamo dare.

 

Oltretutto, la figura del Bambino è parzialmente coperta dalla stoffa gialla con cui Maria lo avvolge, ma rimangono scoperti e in evidenza gli organi genitali del piccolo bimbo, come ulteriore affermazione della concretezza dell’umanità che Egli è venuto a condividere con noi, in tutto come la nostra fuorché nel peccato. Proprio perché quella umanità è come la nostra, essa è vulnerabile e già destinata a sperimentare la massima prova della nostra esistenza, la morte. Le carezze di Giuseppe al piede di Gesù e di Anna al capo di Cristo sembrano quasi anticipare i gesti analoghi che l’arte cristiana dipinge nella scena della Deposizione di Cristo dalla Croce, quando un altro Giuseppe, quello di Arimatea, e altre donne, compagne di fede di Maria, compiangeranno e carezzeranno le membra martoriate ed esangui del Figlio di Dio morto in croce, trafitto dai chiodi e dalla corona di spine. Contemporaneamente, Maria è messa in evidenza in quanto colei che ha trasmesso la vita umana al Figlio di Dio. Come la fede della Chiesa chiarì nel Concilio di Efeso dell’anno 431, è corretto invocare Maria come Madre di Dio, e non semplicemente come madre di Gesù, poiché una madre non è la creatrice della persona dei suoi figli, ma la donna che li riceve in dono da Dio e che trasmette loro il dono della vita umana. Poiché Gesù è uno della Trinità, cioè la Persona divina del Figlio, che prende carne attraverso Maria, lei è effettivamente Madre di Dio, avendo generato nel suo corpo Cristo, che è vero uomo e vero Dio al tempo stesso.

 

Vanno in tal senso interpretati teologicamente anche gli abiti di Maria, che secondo la logica “greca” del pittore, nato come esperto di icone bizantine, sono caratterizzati dai colori classici, rosso e blu con il velo bianco. Il rosso, in tonalità cupa, è tipico della veste imperiale dell’Imperatore romano e bizantino, dunque è segno dell’altissima dignità di cui è stata rivestita l’umile fanciulla di Nazaret. Il blu è l’identico colore del mantello che riveste Cristo nelle icone d’oriente, perciò sta a significare la somiglianza con Cristo che in Maria si è realizzata perfettamente. Il velo bianco, oltre che un segno di purezza senza macchia di peccato, è anche una memoria fisica della reliquia del velo della Vergine Maria, giunto dall’Oriente nelle mani di Carlo Magno e custodito nella splendida cattedrale francese di Chartres.